Una buona frequentazione del nostro presente non può non accordarsi sistematicamente con la lettura del nostro passato e mescolarsi con la complessa e straordinaria alchimia di storie di cui esso si compone. In questo incontro l’invito dell’Archeoclub di Cassino e del suo Presidente, arch. Giuseppe Picano, si è rivolto alla dott.ssa Giuseppina Torriero, architetto, per ricostruire la storia del Normanni da Aversa a Palermo. Funzionaria dei Beni culturali alla Soprintendenza Archeologia belle arti e paesaggio per le province di Caserta e Benevento, la dott.ssa Torriero intrattiene il pubblico presente con una attenta ricostruzione delle tracce lasciate nel nostro meridione da un popolo che nel 1128 con Ruggero II d’Altavilla avvia l’unificazione dell’Italia meridionale. Sono Pitea (III sec.a.C.) e Tacito (I-II sec. d.C.) i primi storici mediterranei a dare notizie dei Normanni, narrando che essi vivevano, da nomadi, del commercio dell’ambra di cui erano ricche le coste del Baltico. Abilissimi e audaci navigatori, amanti dei viaggi e dell’avventura, invincibili pirati, ottimi guerrieri richiesti come mercenari perfino dall’impero bizantino. Sono genti di stirpe germanica che nel Medioevo popolavano la Danimarca, la Norvegia e la Svezia e che nel sec. IX si spingono sul suolo franco, dove nel 911 Carlo III (il Semplice) crea per loro il ducato di Normandia. Inizialmente pagani, presto convertiti al cristianesimo, questi uomini del nord (dal tedesco Nord-Männer) con i loro insediamenti fanno parte della Francia feudale. Nel 1010 il loro spirito di avventura spinge quaranta di essi, reduci dalla Terra Santa, a sbarcare nell’Italia meridionale, a Salerno, dove aiutano il principe longobardo Guaimario III a liberare quelle contrade dai pirati. Nel 1017 un altro nucleo, con a capo Rainolfo Drengot, aiuta a Bari il longobardo Melo, contro i Bizantini. I superstiti, assoldati dai principi di Salerno e di Capua, ricevono in compenso un castello intorno a cui fondano la città di Aversa. E’ così che con R. Drengot dal 1022 nasce la prima contea normanna in Italia. Nel 1053 una larga parte del nostro meridione è saldamente nelle mani normanne, sotto Roberto il Guiscardo. Nel 1061 Ruggero d’Altavilla, impadronitosi della Calabria, sbarca in Sicilia per conquistarla in nome del fratello Roberto. La campagna contro i musulmani nell’isola dura un ventennio. Grazie al flusso migratorio che accompagna i Normanni, si cominciano a costruire le prime opere. Nei cantieri nugole di costruttori e scalpellini tagliano la pietra in modo diverso e impostano diversamente le fabbriche. A Capua la loggia del Palazzo del Vescovo introduce forti elementi di cambiamento ed è a lui che si deve la sistemazione del Duomo. Secondo il modello francese le tre absidi sono allineate. Nel 1091 Ruggero I strappa la Sicilia agli Arabi e ne diventa conte. L’Italia meridionale è completamente normanna. Intervengono allora anche nell’isola, del tutto improntata alla cultura araba, graduali cambiamenti architettonici, analogamente a quanto avviene nella zona dell’aversano. I manufatti militari, religiosi e civili, si rifanno per lo più al romanico della Normandia e della Gran Bretagna, con l’arco a tutto sesto, torri quadrate e costruzioni particolarmente massicce. Non è semplice avere idee chiare sull’arte e l’architettura dei Normanni, penetrare il senso dei loro bassorilievi e capitelli e capire su che tipo di substrato si innestino. Non sappiamo se c’era una maniera normanna di costruire, non conosciamo i nuclei dei loro insediamenti castellani. Ma conosciamo ed ancora ammiriamo l’imponenza maestosa di quello di Melfi, tra i più grandi del Sud, di Casaluce, di Cosenza, di Francolise, con la sua straordinaria torre, di Maredolce, nel parco della Favara a Palermo. Sono fortificazioni regolari inespugnabili, senza porte né finestre, proiettate solo all’interno. Sapiente, spettacolare messinscena architettonica che sfida i secoli. «Noi oggi - spiega l’arch. Picano - siamo più attratti dalle decorazioni che dalle piante, ma a caratterizzare un’epoca sono le piante degli edifici». E quelle solidamente quadrate dei castelli normanni hanno lasciato tracce indelebili. Perle straordinarie cariche di storia. Stiamo parlando delle numerosissime, stupefacenti fortificazioni disseminate nel nostro meridione, in meno di tre secoli, da un popolo di spaesati nomadi del nord, che nel 1066 ad Hastings con Guglielmo di Normandia aveva conquistato l’Inghilterra e, dopo soli 20 anni da quella data, era stato in grado di portare a termine un’operazione di descrizione e censimento del Regno che non trova alcun riscontro nell’Europa feudale di allora: il Domesday book, oggi conservato in originale nel British Museum. Floriana Giannetti
La conferenza all’Archeoclub di Cassino
— Martedì 23 aprile 2019 - 15:53Redazione L'Inchiesta Quotidiano
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