Da qualche tempo nel commentare gli episodi di cronaca nera si sente ripetere che a volte, solo guardando l'aspetto fisico di una persona, si può intuire l'inclinazione al delitto della stessa. La qualcosa consentirebbe di correre ai ripari (sarebbe utile sapere come...) in maniera tale da evitare situazioni poco edificanti. Il “mostro”, in parole povere, si vede dal volto. E forse anche dalla conformazione della testa, dalla distanza delle fossette occipitali e dalle misurazioni antropometriche del cranio: tutte pratiche assai care a Cesare Lombroso, il padre dell'antropologia criminale, le cui teorie ebbero grande fortuna nella seconda metà dell'800. Nel nostro paese numerose sono le strade a lui dedicate, una anche a Cassino. Lombroso coniò l'assunto del meridionale nato delinquente, in quanto frutto di una regressione genetica chiamata “atavismo”. Si trattava di gente inferiore, patologicamente deviata, geneticamente tarata e, in quanto tale, incapace di discernere tra il bene e il male, anzi tendenzialmente portata a delinquere. Questa teoria folle e delirante procurò guasti inenarrabili, Costituì, infatti, in quel periodo (si stava compiendo il processo di unità nazionale) la giustificazione scientifica a chi massacrava i contadini del Sud senza curarsi della loro dignità, cultura, usi e costumi. Gli studi di Lombroso, esauritasi la parentesi dell'unificazione, vennero considerati privi di fondamento e perciò accantonati. Nel 1882 il professore veronese fu radiato dalla Società Italiana di Antropologia ed Etnologia. Da allora iniziò il suo declino. Però il fatto che a distanza di così tanto tempo le teorie lombrosiane sembrano tornare di moda, appare inquietante. Con il pericolo che si ripetano gli errori e gli orrori del passato. Siamo disposti a tollerare tutto. Persino Bruno Vespa o Gigi Marzullo. Ma, per favore, risparmiateci il ritorno di Lombroso. Questo sì che sarebbe esiziale.
Per favore risparmiateci Lombroso
— Mercoledì 14 febbraio 2018 - 19:32Redazione L'Inchiesta Quotidiano
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