(di Roberto De Luca)
DA "L'INCHIESTA DI SERA" DEL 15 APRILE
«Per me quella di lunedì sarà una gara dal sapore particolare. La vivrò sicuramente in modo diverso rispetto alle altre». Frasi tutt’altro che di circostanza quelle pronunciate da Antony Iannarilli, utili a fotografare con nitidezza le sensazioni avvertite nella sua interiorità. E non poteva essere diversamente per il portiere classe ’90 della Ternana. Lui, nativo di Alatri, ogni qualvolta affronta il Frosinone entra in un vortice di emozioni difficili da spiegare mediante l’ausilio delle sole parole. E tra pochi giorni sarà la stessa cosa: «Nonostante - ha raccontato in esclusiva alla nostra redazione - non sia mai stato un giocatore del club frusinate, comunque alla base c’è un legame che si spinge oltre gli aspetti prettamente calcistici. Io sono cresciuto ad Alatri, conosco quella terra e lì risiedono i miei affetti più cari. Il confronto con i giallazzurri per me non potrà mai essere banale». Componenti emotive ben definite, alimentate da pensieri di massima stima nei confronti della società presieduta da Maurizio Stirpe: «Parliamo di una realtà che, nel corso degli anni, ha saputo strutturarsi in una maniera importante. Ormai è una protagonista affermata del calcio italiano, lo dicono i fatti in modo decisamente eloquente».

Il campo -
Per la Fere, ovviamente, quello del “Liberati” sarà un match fondamentale per mantenere vivo il sogno playoff. Al momento, infatti, gli uomini allenati da Cristiano Lucarelli rivestono l’undicesima posizione in classifica con 47 punti all’attivo. Sette in meno rispetto ai Ciociari, ottavi a quota 54 e intenzionati a non arrestare la loro corsa agli spareggi per la promozione in massima serie. Le premesse per vivere un incontro denso di emozioni, dunque, ci sono tutte: «Dal nostro punto di vista - ha descritto Iannarilli - sarà uno scontro diretto. Una partita cruciale per determinare l’eventuale raggiungimento dei playoff. Noi, con merito, abbiamo conquistato la salvezza con largo anticipo attraverso un percorso che è sempre stato dominato da idee specifiche e dalla volontà di praticare un calcio offensivo». La stessa strada intrapresa dal Frosinone di Fabio Grosso, attraverso principi di gioco moderni: «Fare tanti gol e creare tante occasioni: un diktat per riuscire ad emergere con personalità in un campionato difficile come quello cadetto. Sia noi che loro non siamo squadre che speculano, assumendo un atteggiamento difensivo. Già all’andata fu una bella sfida e lunedì sono convinto che sarà lo stesso».

Le origini -
Descrizione tecnica accurata, emblematica delle conoscenze calcistiche insite in un ragazzo che, dopo tanti sacrifici compiuti per realizzare i propri sogni, finalmente sta raccogliendo le soddisfazioni che merita. Questo anche grazie alle origini. Del resto, una persona la si capisce totalmente soltanto se si arriva alla sua radice profonda. Soltanto se si riesce a costruire un’idea di quali siano le sue origini, la sua educazione, l’ambiente nel quale è cresciuto. Perché è il passato che spiega ciò che siamo diventati. Un intreccio temporale che non sfugge al caso di Iannarilli, avvicinatosi al mondo del pallone nella città dei Ciclopi grazie ad una persona speciale: «Mio nonno è stato prezioso perché mi ha indirizzato fin dalla tenera età, portandomi a vedere le partite». Sia della compagine locale dell’Alatri che della Lazio, squadra per la quale nutriva un amore sviscerato: «Quante volte siamo andati all’Olimpico. Ecco - ha confidato Iannarilli - il rammarico più grande che mi trascino dietro è proprio questo: purtroppo non ha potuto vedere il mio esordio in B». Ma certamente, dall’alto, sarà felicissimo e fiero delle prestazioni sciorinate dal suo “piccolo”. Diventato grande a suon di sacrifici, iniziando a compiere le prime parate sui campi in terra battuta del “Chiappitto”: «Ho sempre voluto fare il portiere, sono partito con quell’idea e l’ho coltivata con umiltà». Grazie alle indicazioni, in principio, di due tecnici preparati «Stefano Sarra e Maurizio Boezi li ricordo con piacere. Sono gli allenatori con cui è cominciato tutto ad Alatri, prima che approdassi alla Lazio».
La Lazio e l’esempio di Muslera -
Un curioso scherzo del destino a condurlo sulla sponda biancoceleste del Tevere. Anni indelebili che ricorda con immutato trasporto emotivo: «Nella Lazio mi sono formato, compiendo la classica trafila nelle giovanili. Ho avuto, poi, la fortuna di disputare due anni tra Primavera e prima squadra, allenandomi con giocatori forti. Questo ti fa crescere sotto ogni punto di vista, specialmente a livello umano. Nel mio caso, credo che i benefici più grandi li abbia avuti proprio in termini caratteriali».

Con una storia a tinte uruguaiane divenuta esempio di vita: «La parabola di Muslera è stata fantastica. Mi allenavo con lui quando ero in prima squadra e ricordo che non ebbe un esordio agevole, eppure si è rialzato con grande forza interiore diventando un top del ruolo. Nel 2011 si è laureato campione del Sudamerica con l’Uruguay, è diventato titolare nel Galatasary. Sì, la sua storia mi ha insegnato a non mollare mai». Anche quando le cose sembravano andare per il verso sbagliato. Perché dal 2010 in poi Antony dà il via alla sua avventura, da protagonista, nel calcio professionistico: Isola Liri in C2, poi Salernitana con due promozioni consecutive dalla D alla C1, Gubbio, Pistoiese, Viterbese e dal 2018 la Ternana.
Salerno e due episodi di... vita -
A Salerno, in mezzo a mille gioie, a febbraio 2013 nella sfida col Borgo a Buggiano un grave episodio: violento scontro di gioco, rottura della milza e un delicato intervento chirurgico: «Molti pensavano che dovessi smettere. E’ stato, forse, il momento più difficile della mia carriera. I miei sogni in apparenza svaniti». Poi, una telefonata gli ha fornito l’energia decisiva per affrontare lo sprint riabilitativo: «Parlai con Emanuele Giaccherini, il quale aveva avuto lo stesso problema. Capii che, con forza di volontà, sarei potuto tornare. Lì mi sono trovato davanti ad un bivio e acquisii consapevolezza del fatto che la mia crescita non poteva essere interrotta». E sempre a Salerno, tra l’altro, nel novembre 2013 il 31enne alatrense non fu preso di buon occhio dai tifosi del Frosinone per via di un’esultanza forse eccessiva al termine dell’incontro di Lega Pro tra campani e ciociari. Episodio che oggi, con una maturità differente, Antony guarda con approccio critico: «Avevo 10 anni in meno rispetto all’attualità, mi feci prendere dalla foga dopo qualche parola di troppo ricevuta ma che nel calcio, pensandoci bene, potrebbe anche starci. A distanza di tempo, dico che mi dispiace molto. Io sono un ciociaro, nato e cresciuto in quella fantastica terra. Se tornassi indietro con gli anni e la maturità di oggi, dico che non rifarei quel gesto. Ho tanta stima del Frosinone, della società e di tutto l’ambiente».

Un presente al top -
Passato a parte, c’è un presente pieno di positività che sta scandendo il primo anno in B di Iannarilli. Scenario divenuto realtà anche grazie alla totale fiducia riposta nei suoi confronti da un tecnico ambizioso e preparato come Cristiano Lucarelli: «Il mister era stato importante già in C, quest’anno mi ha riconfermato titolare e ciò è indispensabile per qualsiasi giocatore. Avvertire la fiducia del tuo tecnico è quanto di più bello possa esserci. Fiducia che, naturalmente, bisogna conquistarsi con la cultura del lavoro. Mi sto godendo quest’anno nel miglior modo possibile, soprattutto poiché quando vieni dal basso riesci ad apprezzare ogni cosa. Anche quelle apparentemente più banali, aiutato dal calore di una piazza eccezionale e di una società davvero importante». Tornato da poco a disposizione dopo essersi negativizzato dal Covid-19, è pronto a tornare tra i titolari al cospetto del Frosinone. A Ciano e soci il compito di superarlo in uno scontro che si preannuncia vibrante e ricco di interesse.
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